Alle fronde dei salici

di Erik Lazzari

Alle fronde dei salici

In onore della ricorrenza del 25 aprile, condivido con voi “Alle fronde dei salici”, poesia di Salvatore Quasimodo.

Video-lezione 

Alle fronde dei salici

TESTO:
E come potevamo noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

PARAFRASI:

E come potevamo (noi poeti) continuare a scrivere poesie durante l’oppressione nazista, in mezzo ai cadaveri sparsi e abbandonati sui prati gelidi nelle piazze, con il pianto innocente dei bambini, con l’urlo straziato della madre che andava incontro al figlio crocifisso a un palo del telegrafo? Sui rami dei salici, come testimonianza di un impegno solenne, avevamo appeso anche le nostre cetre, che oscillavano inerti al triste vento della guerra.

COMMENTO:

La poesia “Alle fronde dei salici” è stata pubblicata per la prima volta nel 1944 su una rivista e successivamente come apertura della raccolta “Giorno dopo giorno”, edita nel 1947.

Il componimento è stato scritto in seguito all’armistizio con le truppe anglo-americane, durante l’occupazione nazista di Milano. A partire dal settembre del 1943, i tedeschi instaurarono un duro regime di occupazione nell’Italia settentrionale; in queste zone si formarono le brigate partigiane e si sviluppò la Resistenza della popolazione, sulla quale si abbatté la violenza dei nazifascisti.

La lirica, dunque, evidenzia poeticamente la violenza della guerra: Salvatore Quasimodo descrive la vita dei poeti durante la Seconda guerra mondiale; essi erano impossibilitati nel continuare a comporre ancora versi di fronte a tale empietà, tanto da appendere le loro cetre sulle fronde, per chiedere al Signore la grazia di far cessare il supplizio nazista.

È altresì possibile notare come l’io poetico diventi un “noi” (v.1), per esprimere una dimensione corale (include tutti i poeti della sua generazione) e non soltanto privata.

Il superamento della chiusura individualistica, tipica della stagione ermetica, è evidente anche nel riferimento al dolore del popolo ebraico, che sembra rivivere nel presente l’antichissima sofferenza dell’esilio. La poesia, infatti, riprende un passo biblico, il Salmo 136, in cui gli israeliti, deportati a Babilonia nel VI secolo a.C., si rifiutarono di cantare poiché lontani dalla patria. «Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre. […] Come cantare i canti del signore in terra straniera?»

Inoltre, le analogie presenti nell’immagine del «lamento / d’agnello dei fanciulli» (vv. 4-5) e del figlio «crocifisso sul palo del telegrafo» (v. 7) rinviano in modo indiretto al sacrificio di Cristo, nell’intento di proiettare la sofferenza presente e concreta delle vittime della guerra su uno sfondo più ampio, sottolineandone il carattere universale ed emblematico.

Per segnalare il rifiuto della vecchia poetica, l’autore apre il componimento con la congiunzione E, come ad indicare la conclusione di una riflessione. 

La poesia è composta da  versi endecasillabi sciolti ad eccezione del settimo verso in quanto “telegrafo” non è un vocabolo piano ma è un vocabolo sdrucciolo. 

Tale poesia testimonia il passaggio dal Salvatore Quasimodo ermetista a quello del secondo dopoguerra.

FIGURE RETORICHE:

  • Allitterazione della lettera “R”: cantare/ Con il piede straniero sopra (vv. 1-2);
  • metafora: “cantare” (v. 1); “erba”  (v.4) “dura di ghiaccio” (v. 4); “triste vento” (v. 10); «al lamento/d’agnello» (vv. 4-5);
  • sinestesia: “all’urlo nero” (v. 5);
  • sineddoche: “cuore” (v.2).
  • analogia:“lamento / d’agnello” (vv. 4-5);
  • enjambements:“lamento / d’agnello” (vv. 4-5); “urlo nero / della madre” (vv. 5-6); “figlio / crocifisso” (vv. 6-7);
  • l’immagine-simbolo dei salici, che nel loro oscillare, simbolizzano il dolore e il pianto;
  • metonimia: con il piede straniero sopra il cuore (v.2);
  • personificazione: triste vento (v.10)

Non ti ricordi le figure retoriche? Non ti preoccupare, clicca qui per ripassarle! 

La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare.

(Pietro Calamandrei).

 

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