Il cinque maggio di Alessandro Manzoni
Buongiorno, studenti e lettori! Oggi vi propongo, nella ricorrenza della dipartita di Napoleone Bonaparte, il testo, la parafrasi, il commento, l’analisi, la metrica e le figure retoriche de “Il cinque maggio” di Alessandro Manzoni.
TESTO
1. Ei fu. Siccome immobile,
2. dato il mortal sospiro,
3. stette la spoglia immemore
4. orba di tanto spiro,
5. così percossa, attonita
6. la terra al nunzio sta,
7. muta pensando all’ultima
8. ora dell’uom fatale;
9. né sa quando una simile
10. orma di pie’ mortale
11. la sua cruenta polvere
12. a calpestar verrà.
13. Lui folgorante in solio
14. vide il mio genio e tacque;
15. quando, con vece assidua,
16. cadde, risorse e giacque,
17. di mille voci al sonito
18. mista la sua non ha:
19. vergin di servo encomio
20. e di codardo oltraggio,
21. sorge or commosso al subito
22. sparir di tanto raggio;
23. e scioglie all’urna un cantico
24. che forse non morrà.
25. Dall’Alpi alle Piramidi,
26. dal Manzanarre al Reno,
27. di quel securo il fulmine
28. tenea dietro al baleno;
29. scoppiò da Scilla al Tanai,
30. dall’uno all’altro mar.
31. Fu vera gloria? Ai posteri
32. l’ardua sentenza: nui
33. chiniam la fronte al Massimo
34. Fattor, che volle in lui
35. del creator suo spirito
36. più vasta orma stampar.
37. La procellosa e trepida
38. gioia d’un gran disegno,
39. l’ansia d’un cor che indocile
40. serve, pensando al regno;
41. e il giunge, e tiene un premio
42. ch’era follia sperar;
43. tutto ei provò: la gloria
44. maggior dopo il periglio,
45. la fuga e la vittoria,
46. la reggia e il tristo esiglio;
47. due volte nella polvere,
48. due volte sull’altar.
49. Ei si nomò: due secoli,
50. l’un contro l’altro armato,
51. sommessi a lui si volsero,
52. come aspettando il fato;
53. ei fe’ silenzio, ed arbitro
54. s’assise in mezzo a lor.
55. E sparve, e i dì nell’ozio
56. chiuse in sì breve sponda,
57. segno d’immensa invidia
58. e di pietà profonda,
59. d’inestinguibil odio
60. e d’indomato amor.
61. Come sul capo al naufrago
62. l’onda s’avvolve e pesa,
63. l’onda su cui del misero,
64. alta pur dianzi e tesa,
65. scorrea la vista a scernere
66. prode remote invan;
67. tal su quell’alma il cumulo
68. delle memorie scese!
69. Oh quante volte ai posteri
70. narrar se stesso imprese,
71. e sull’eterne pagine
72. cadde la stanca man!
73. Oh quante volte, al tacito
74. morir d’un giorno inerte,
75. chinati i rai fulminei,
76. le braccia al sen conserte,
77. stette, e dei dì che furono
78. l’assalse il sovvenir!
79. E ripensò le mobili
80. tende, e i percossi valli,
81. e il lampo de’ manipoli,
82. e l’onda dei cavalli,
83. e il concitato imperio
84. e il celere ubbidir.
85. Ahi! forse a tanto strazio
86. cadde lo spirto anelo,
87. e disperò; ma valida
88. venne una man dal cielo,
89. e in più spirabil aere
90. pietosa il trasportò;
91. e l’avvïò, pei floridi
92. sentier della speranza,
93. ai campi eterni, al premio
94. che i desideri avanza,
95. dov’è silenzio e tenebre
96. la gloria che passò.
97. Bella Immortal! Benefica
98. Fede ai trïonfi avvezza!
99. Scrivi ancor questo, allegrati;
100. che più superba altezza
101. al disonor del Golgota
102. giammai non si chinò.
103. Tu dalle stanche ceneri
104. sperdi ogni ria parola:
105. il Dio che atterra e suscita,
106. che affanna e che consola,
107. sulla deserta coltrice
108. accanto a lui posò.
PARAFRASI
Egli fu (Napoleone Bonaparte è morto, non è più presente sulla Terra). Ora, infatti, dopo aver esaltato l’ultimo respiro, giace immobile; il suo corpo è rimasto senza ricordi, privato della sua anima: chiunque nel mondo abbia sentito la notizia di questa scomparsa è stravolto.
Tutti restano in silenzio a pensare all’ultima ora dell’uomo che ha segnato il destino e nessuno può sapere quando una simile impronta tornerà nuovamente a calpestare la sua polvere insanguinata (la terra).Come poeta ho visto Napoleone trionfante, sul soglio imperiale, ma non ho mai espresso nulla attraverso la poesia; ho altresì visto il suo momento di sconfitta: cadde, tornò al potere e cadde di nuovo, ma non mischiato la sua voce e quella di tutti coloro che lo cantavano con la mia.
Il mio ingegno poetico vuole adesso esprimersi, commosso senza lodi servili o offese vili, dinanzi all’improvvisa scomparsa di una figura importante nella storia. Innalza così alla sua tomba un componimento che rimarrà eterno.
Dall’Italia all’Egitto e dalla Spagna alla Germania, ogni azione di quell’uomo era seguita dalla sua realizzazione; egli condusse imprese dall’Italia meridionale (Sicilia) alla Russia (sino al fiume Don), dal Mediterraneo all’Atlantico.
Fu una gloria reale? Lascio ai posteri le difficili conclusioni: noi ci inchiniamo umilmente al Sommo Creatore (Dio) che volle imprimere in Napoleone un’impronta più vasta della sua potenza divina.
La tempestosa e trepidante gioia di un grandissimo progetto, l’insofferenza di un animo che, indomabile, obbedisce pensando già al potere che lo raggiunge ottenendo un riconoscimento di cui sarebbe stato una follia ritenere possibile.
Egli sperimentò di tutto: la gloria, molto più grande dopo il pericolo, la fuga e la vittoria, il potere regale e il pesante esilio. Due volte fu sconfitto (a Lipsia e a Waterloo) e due volte fu vincitore.
Pronunciò il suo nome da solo: due epoche (secoli – 1700/1800) armate l’una contro l’altra, come se sottomesse si rivolsero a lui. Egli impose il silenzio e si sedette tra loro come un arbitro.
Nonostante tanta grandezza, scomparve rapidamente e concluse la sua vita in ozio, prigioniero in una piccola isola (nell’isola di Sant’Elena) e bersaglio al contempo di immensa invidia e di profonda compassione, di odio implacabile e di amore incondizionato.
Proprio come sulla testa del naufrago si avvolge l’onda su cui poco prima lo sguardo dello sventurato scorreva alto, mentre avvistava rive lontane che non avrebbe mai potuto raggiungere.
Così su quell’anima scese la grande quantità di ricordi (come quell’onda sul naufrago). Oh, quante volte iniziò a scrivere le sue memorie per i posteri, ma su tutte quelle pagine si posava continuamente la sua mano stanca!
Quante volte, con le braccia conserte al petto, alla fine di un giorno improduttivo ha abbassato lo sguardo fulmineo in balia dei ricordi dei giorni ormai trascorsi.
E ripensò agli accampamenti militari in movimento, alle trincee colpite e allo scintillare delle armi e agli assalti della cavalleria nonché agli ordini imposti concitati e al loro rapido ubbidire.
Ahimè, forse tra tanto dolore il suo spirito straziato crollò, ma ecco che giunse dal cielo l’aiuto di Dio che lo trasportò in un’atmosfera più serena.
E lo guidò per i floridi sentieri delle speranze ai luoghi eterni, verso il premio supremo (il Paradiso), che supera tutti i desideri dell’uomo, dove la gloria terrena non conta più nulla (non ha più valore).
Bella, immortale, benefica fede, abituata ai trionfi! Scrivi anche questo tuo trionfo, e rallegrati perché nessuna personalità più grande di Napoleone si è mai chinata dinanzi alla croce di Cristo.
Tu (Fede), dagli stanchi resti mortali (dalle ceneri di Napoleone), allontana ogni parola cattiva: il Dio che abbatte e risorge, che provoca dolore e consolazione, sul letto di morte riposò con Napoleone.
COMMENTO
Il 5 maggio 1821, Napoleone Bonaparte morì nell’isola di Sant’Elena, dove, esiliato in seguito alla sconfitta di Waterloo avvenuta nel 1815, trascorse i suoi ultimi anni. La notizia, pubblicata sulla “Gazzetta di Milano” il 17 luglio 1821, colpì profondamente Alessandro Manzoni, che ne scrisse l’ode (Il cinque maggio) nell’arco di tre giorni, dal 18 al 20 luglio 1821.
Lo stesso Manzoni scrisse le circostanze compositive del testo: «Che volete? Era un uomo che bisognava ammirare senza poterlo amare…, il maggior tattico, il più infaticabile conquistatore, colla maggior qualità dell’uomo politico, il saper aspettare, il saper operare. La sua morte mi scosse, come al mondo venisse a mancare qualche elemento essenziale…, fui preso da smania di parlarne e dovetti buttar giù quest’ode, l’unica che, si può dire, improvvisassi in men di tre giorni. Ne vedevo i difetti ma sentivo tal agitazione, e tal bisogno di uscirne, di metterla via, che la mandai al censore. Questi mi consigliò di non pubblicarla, ma dal suo stesso uffizio ne uscirono le prime copie a mano».
“Il cinque maggio”, nonostante le difficoltà poste dalla censura austriaca, ottenne una notevole fama sia a livello europeo che mondiale. L’opera venne immediatamente tradotta in tedesco dallo scrittore e drammaturgo Johann Wolfgang Goethe.
Nel componimento, l’autore, ricorda le grandi battaglie che Napoleone vinse, evidenziando gli aspetti principali della sua personalità e del suo carattere: Napoleone, che per tutta la vita è stato un oppressore, alla fine divenne un oppresso.
L’inizio dell’ode “Ei fu” sottolinea che non è neanche necessario nominare la figura di Napoleone, in quanto “Ei” riprende la funzione dell’is dal latino e indica “quell’eroe” – “quel famoso”.
La lirica è suddivisa in diverse parti che intrecciano la rievocazione delle gesta dell’eroe con la meditazione dell’autore sulla storia umana e sulla Grazia divina. In seguito alla notizia della scomparsa “dell’eroe”, l’io poetico interviene con il suo canto a celebrarne la memoria solo quando la morte restituisce al condottiero la dimensione spirituale. Nella seconda parte emerge la gloria terrena di Napoleone e il disegno provvidenziale: l’io poetico ripercorre le conquiste napoleoniche «Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza», vv. 31-32).
Nella terza sezione è evidenziato il dramma di un uomo che precipita dal culmine della potenza alla disperazione, preda di ricordi e rimpianti, e la morte che lo conduce nel regno dei cieli dimostra come la conversione salvi l’uomo proprio nel momento della sconfitta, purché egli si affidi alla misericordia divina: le fulminanti vittorie che hanno contrassegnato la vita di Napoleone appaiono ora fonte di morte e di ingiustizia, mentre le sconfitte, i tormenti e le sofferenze della sua vita lo riscattano agli occhi di Dio.
Infine, nell’epilogo, l’io lirico si rivolge direttamente alla fede, esaltandone la potenza, capace di portare a sé perfino il più superbo degli uomini per consegnarlo alla misericordia di Dio.
ANALISI
L’opposta dimensione dell’umano e del divino si esprime attraverso un’organizzazione di temi basata sui contrasti, temporali e spaziali: ai tempi frenetici e fugaci dell’azione umana si contrappone l’eternità della Provvidenza e gli spazi sterminati delle conquiste napoleoniche trovano un’antitesi nella reclusione a Sant’Elena e nella forzata immobilità dell’esilio.
Manzoni riconosce Napoleone come un uomo «fatale» (v. 8) in un’ottica morale e spirituale e non romantica.
Il verso 55 si apre con una E “E sparve” – che ha la funzione di una marcata valenza amministrativa – con cui Manzoni, dopo aver descritto le imprese compiute da Napoleone, si ricollega all’incipit “Ei fu”.
La gloria è effimera e fugace («silenzio e tenebre», v. 95), mentre la sconfitta e la vicinanza alla morte sono occasioni preziose di redenzione. Così, il significato della vita di Napoleone si spiega solo alla luce della sua caduta e della sua morte: proprio quando nell’ottica umana tutto è perduto, Dio interviene e guida l’uomo caduto alla salvezza ultraterrena.
Il dissidio tra l’esuberanza eroica e l’immobilità del fallimento si esprime altresì sul piano linguistico mediante la contrapposizione di coppie di termini antitetici («la fuga e la vittoria», v. 45) e sequenze di verbi («cadde, risorse e giacque», v. 16).
METRICA
L’ode è composta da 108 versi raggruppati in strofe da sei settenari aventi come schema metrico il seguente: ABCBDE.
Il primo, il terzo e il quinto settenario sono sdruccioli e non presentano alcuna rima, mentre il secondo settenario rima con il quarto ed entrambi terminano con un vocabolo piano; il sesto settenario è tronco e rima con l’ultimo verso della strofa successiva.
LE PRINCIPALI FIGURE RETORICHE
- Sineddoche: “orma di pie’ mortale” (v.10);
- “breve sponda” (intesa come isola) (v.56);
- anastrofe: “A calpestar verrà” (v.12), “Di mille voci al sonito” (v. 17), “Mista la sua non ha” (v. 18);
- antonomasia: “Massimo Fattore cioè Dio.” (vv. 33-34);
- similitudine: “Siccome immobile […] così percossa;” (vv.1-5) “Come sul capo […] tal su quell’alma” (vv.60-67);
- metafora: “orba” (v.4); “tanto raggio” (v.22); “il fulmine/ tenea dietro al baleno” (vv.27-28); “nella polvere, due volte sull’altar” (vv.47-48); “rai fulminei” (v.75);
- anafora: “dall’Alpi alle Piramidi (v.25) – dal Manzanarre al Reno (v.26) – da Scilla al Tanai (v29) – dall’uno all’altro mar (v.30)”; “due volte […] due volte” (vv.47-48); “l’onda […] l’onda” (vv.62-63);
- prosopopea: “percossa, attonita / la terra al nunzio sta, / muta (vv. 5-6-7)”.
- perifrasi: “dell’uom fatale” (v.8); “di quel securo” (v.27); “al disonor del Golgota” (v.101);
- ossimoro: “la procellosa e trepida / gioia d’un gran disegno” (vv.37-38).
Clicca qui per ripassare le figure retoriche
Ringrazio Alessio Cuccu per la grafica
© Erik Lazzari | Riproduzione riservata