Grafica realizzata da Alessio Cuccu – www.alessiocuccu.com
Cari ragazzi, vi ricordo che 200 anni fa (1819) Giacomo Leopardi scrisse l’Infinito; in occasione di questa ricorrenza, vi propongo il testo con la relativa parafrasi, l’analisi, il commento e le figure retoriche.
TESTO:
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
PARAFRASI:
Questo colle solitario mi fu sempre caro, e cara mi fu sempre stata questa siepe che ostacolava la vista di gran parte dell’orizzonte.
Ma sedendo e guardando, immagino spazi infiniti al di là di quella siepe e silenzi sconosciuti all’umanità; nei quali il mio cuore, stupito da quei silenzi e da quella quiete, per poco non si spaventa.
E appena sento il vento frusciare tra le foglie, paragono l’infinito silenzio a questo rumore e mi viene in mente l’eternità, il passato e il presente
Così, tra quest’immensità, si perde il mio pensiero/mente: e il naufragare in questo mare mi dà piacere.
COMMENTO:
Giacomo Leopardi compose “L’Infinito” a Recanati nel 1819, all’età di 21 anni, in un periodo caratterizzato da un marcato pessimismo storico. Leopardi sosteneva che l’uomo diventasse infelice a causa della ragione, che rivela la vanità delle illusioni; il progresso umano portava a una crescente infelicità della civiltà.
La parte principale dell’idillio è caratterizzata dal luogo in cui si trova il poeta: il colle solitario, identificato come Monte Tabor, situato a Recanati (il poeta scrisse l’idillio nella sua camera).
Egli scrisse la poesia poiché credeva di essere l’unico uomo destinato all’angoscia e alla sofferenza, un sentimento evidente quando descrive di fermarsi e sedersi in uno spazio circoscritto delimitato da una siepe (Il poeta è sempre seduto alla scrivania di casa sua), che per lui è un ostacolo in quanto impedisce di guardare parte dell’orizzonte.
È proprio la siepe, però, che spinge il poeta a immaginare “interminati spazi”, conducendolo in una dimensione di fantasia e generando un sentimento di paura nel rendersi conto di aver superato il limite umano, raggiungendo una sorta di infinito.
È il rumore del vento che riporta il poeta alla realtà, interrompendo i suoi pensieri e permettendogli di percepire tanto il passato quanto il presente.
La parola “sempre“, posta all’inizio dell’idillio, evoca l’idea dell’eternità e, di conseguenza, dell’infinito.
ANALISI:
L’Infinito appartiene ai “piccoli idilli” (fu Giosuè Carducci ad assegnare questa definizione al componimento), cioè un componimento breve, composto nel 1819 e pubblicato nel 1825 nella raccolta “Canti”. È il dodicesimo canto.
L’Infinito è composto da una sola strofa di 15 versi endecasillabi sciolti; ciò significa che la poesia si riallaccia alla tradizione poetica classica, espressa in endecasillabi (verso classico per eccellenza). Non vi è la presenza di rime; il poeta può dunque esprimersi con libertà, rendendo così il significato della poesia più intimo e personale.
Il componimento risulta costruito sull’affiancamento di un’immagine reale e di una spirituale, di una realtà empirica e di una immaginaria.
I primi tre versi presentano un andamento piano, caratterizzato anche dalla cadenza uniforme degli accenti (“érmo còlle”, “tànta” “pàrte”, “guàrdo esclùde” ).
La lettura del testo è rallentata dai numerosi enjambement, che annullano le pause di fine verso.
Gli aggettivi dimostrativi in una prima parte indicano una partecipazione affettiva (“quest’ermo colle”, “questa siepe”), in una seconda parte indicano un piano universale (“questa immensità, “questo mare”). Infine, “questa voce” e “queste piante” si contrappongono a “quello infinito” sottolineando l’irraggiungibilità dell’infinito da parte dell’uomo. Tutti gli aggettivi anticipano sempre il sostantivo.
Il lessico, nei primi versi, è caratterizzato da parole molto utilizzate nella poetica italiana dei secoli precedenti (“caro”, “ermo,” colle”,” siepe,” parte,” guardo” – termini bisillabici). Questa scelta linguistica cambia dopo la congiunzione avversativa MA (simboleggia il superamento dell’ostacolo): le parole sono tutte quadrisillabe e pentasillabe.
La vocale tonica à, presente nelle parole “interminàti”, “sovrumàni”, “màre”, “miràndo”, “comparàndo”, “immensità”, “naufragàr”, “tànta pàrte”, “interminàti / spàzi”, riconducono al tema dell’infinito.
Altresì le parole plurali (“interminati spazi”, “sovrumani silenzi”, “morte stagioni”) e l’enumerazione per polisindeto (“e sovrumani / silenzi”, “e profondissima quiete”; “e mi sovvien l’eterno”, “e le morte stagioni”, “e la presente” “e via”, “e il suon di lei”, “e il naufragar m’è dolce in questo mare”) rinforzano l’idea di infinito.
Nella poesia, la parola “quiete” rappresenta un esempio di dieresi (tecnica che divide due vocali vicine di una parola, che dovrebbero formare un dittongo, in due sillabe distinte. La dieresi si riconosce perché è indicata con due puntini sopra la vocale), poiché si pronuncia “qui-e-te'” invece di “quie-te”; tale dieresi conferisce al termine “quiete” una lettura più lenta, per rimarcare un senso di tranquillità.
FIGURE RETORICHE:
Allitterazione della lettera “s”: sedendo – spazi – sovrumani silenzi -profondissima quiete.
Allitterazione della lettera “v”: ove per poco… e come il vento… a questa voce vo comparando… e mi sovvien… e la presente e viva.
Enumerazione per polisindeto: e sovrumani silenzi, e profondissima quiete… (vv.5-6) — e mi sovvien l’eterno, e le morti stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei (vv.11-13) —e il naufragar m’è dolce in questo mare.(v.1)
Enjambement: figura retorica principale della poesia. (vv. 2-3; vv. 4-5; vv. 5-6; vv. 8-9; vv. 9-10; vv. 13-14)
Metafora: “la siepe” è una barriera mentale; (v.2) — “stormir tra queste piante” raffigura gli spazi infiniti entro i quali si può muovere il pensiero; (v. 9) — “il naufragar m’è dolce in questo mare” è la dimensione illimitata dell’immaginazione. (v.15)
Personificazione: “Questa siepe, che da tanta parte / Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”. (La siepe viene personificata come se avesse l’abilità di escludere lo sguardo dell’osservatore).
Similitudine: “E come il vento / Odo stormir tra queste piante, io quello / Infinito silenzio a questa voce / Vo comparando” (vv. 8 – 10)
Ossimoro: “il naufragar m’è dolce in questo mare”. (v.15)
Iperbole: “sovraumani” — “profondissima”. (vv.4 -6) — “Infinito silezio” (v. 10)
Anastrofe: “Sempre caro mi fu quest’ermo colle” (v.1) — “Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude” (v.3). L’intera poesia è caratterizzata da questa figura retorica.
Antitesi: “Questa siepe… Quella” (vv. 2,5) — “Quell’infinito silenzio a questa voce”; (vv.9-10) — “morte stagioni…Viva”. (vv.12-13)
Onomatopea: stormir. (v.9)
Allusione: “l’eterno” (riferimento implicito alla concezione filosofica dell’eternità).
Ragazzi: se non vi ricordate le figure retoriche, potete trovare la spiegazione qui
CAMPI SEMANTICI:
La natura: gli elementi naturali quali l’ermo colle, la siepe, il vento, le piante, le stagioni e il mare, sono gli unici che legano il poeta con la realtà. Nella poesia “L’Infinito” di Leopardi, l’utilizzo di aggettivi determinativi come “questo” e “quello” per descrivere elementi del paesaggio come “ermo colle” e “siepe” non è inteso a specificare dettagli geografici o naturalistici. Al contrario, questi termini sottolineano la vaghezza del paesaggio, invitando a chiedersi: “quale colle? Quale siepe?”. Il focus del poeta non è tanto sulla natura in sé, quanto su ciò che si sperimenta di fronte ad essa. Ogni elemento naturale diventa una sorta di coordinate imprecise, utilizzate per mettere in scena l’esperienza interna e profondamente personale dell’io poetico, che emerge come il vero protagonista della poesia. In questo modo, Leopardi trascende la descrizione fisica per esplorare e rappresentare un paesaggio emotivo e filosofico.
Lo spazio è fondamentale in questa poesia. Vi è una contrapposizione iniziale tra uno spazio lontano (importante per il poeta), rappresentato dal colle, e uno spazio vicino e ristretto, la siepe.
Il tempo è l’elemento centrale dell’idillio, viene infatti espresso fin dall’inizio del primo verso con il termine sempre. “Sempre caro mi fu quest’ermo colle”, con questo verso è possibile pensare che il poeta descriva il colle o che narri un ricordo passato. La sorta di ricordo si interrompe alla siepe, che non solo funge da spartiacque spaziale tra ciò che è lontano e ciò che è vicino, ma anche tra il passato (Sempre caro mi fu…) e il presente (il guardo esclude); il passato è passato, pertanto irraggiungibile, ma anche il presente sembra irraggiungibile poiché la siepe rappresenta una barriera mentale. È grazie all’esperienza mentale del poeta che si può ricordare e riconoscere sia il passato che il presente. (e il naufragar m’è dolce in questo mare).
Leopardi esplora intensamente l’esperienza sensoriale: si inizia dalla sfera sensoriale visiva (“la siepe che il guardo esclude”, “sedendo e mirando”, etc.) per giungere alla sfera sensoriale uditiva (“sovrumani silenzi”, “profondissima quiete”, “il vento odo stormir”, “quello infinito silenzio a quella voce vo comparando”, “e il suon di lei”).
In occasione del bicentenario dalla stesura de L’Infinito, la Rai – in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali – ha realizzato un video in cui ventidue eminenti figure della musica italiana recitano l’idillio. Clicca qui per visionare l’omaggio al poeta.
Le voci: Laura Pausini, Zucchero Fornaciari, Giorgia, Ornella Vanoni, Gino Paoli, Claudio Baglioni, Ligabue, Paolo Conte, Renato Zero, Fiorella Mannoia, Gianna Nannini, Paola Turci, Antonello Venditti, Gianni Morandi, Patty Pravo, Jovanotti, Roberto Vecchioni, Ivano Fossati, Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Adriano Celentano, Mina.
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Erik Lazzari