Mediterraneo di Eugenio Montale

di Erik Lazzari

Mediterraneo di Eugenio Montale

Mediterraneo di Eugenio MontaleImmagine di Michelle Maria

Testo:

Antico, sono ubriacato dalla voce
ch’esce dalle tue bocche quando si schiudono
come verdi campane e si ributtano
indietro e si disciolgono.
La casa delle mie estati lontane,
t’era accanto, lo sai,
là nel paese dove il sole cuoce
e annuvolano l’aria le zanzare.
Come allora oggi la tua presenza impietro,
mare, ma non più degno
mi credo del solenne ammonimento
del tuo respiro. Tu m’hai detto primo
che il piccino fermento
del mio cuore non era che un momento
del tuo; che mi era in fondo
la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso
e insieme fisso:
e svuotarsi cosi d’ogni lordura
come tu fai che sbatti sulle sponde
tra sugheri alghe asterie
le inutili macerie del tuo abisso.

Parafrasi:

Vecchio (si riferisce al mare), sono affascinato dal suono delle tue onde che, simili a delle bocche, si aprono come delle verdi campane che oscillano avanti e indietro, battendosi sulle coste per poi ritirarsi.
La casa dove un tempo (da bambino) passavo le mie vacanze estive era vicino a te, lo sai, in quel luogo in cui il sole brucia e le zanzare formano nubi nell’aria.
Come all’epoca anche oggi rimango stupefatto di fronte a te, mare, ma non credo di essere più all’altezza dei tuoi insegnamenti.
Sei stato tu, per primo, a dirmi che i miei tumulti erano solamente un frammento della tua anima; dentro di me sentivo il tuo principio pericoloso: essere vasto, diverso e immutabile, liberandomi da ogni negatività, come fai tu quando scaraventi sulle sponde in mezzo ai sugheri, alle alghe e alle stelle marine gli inutili scarti delle tue profondità.

Commento:

La poesia è stata composta nel 1924, appartiene al poemetto Mediterraneo ed è collocata al centro degli Ossi di seppia (raccolta poetica di Montale).
Montale rimane affascinato dalla “voce del mare”: lo scaraventarsi ripetutamente contro la costa per poi sciogliersi, gli ricorda i rintocchi costanti delle campane.
L’autore, osservando e ascoltando il rumore del mare, rammenta la casa di Monterosso nelle Cinque Terre, ove trascorreva, da fanciullo, le sue vacanze estive. – “La casa delle mie estati lontane” – Altresì si ricorda di quando, in quel luogo, si identificava con il mare: cercava una somiglianza tra il movimento incessante delle onde e il “disordine” del suo cuore.
Il mare è immenso, è composto da differenti onde, calme e basse, agitate e alte ecc., ma è pur sempre mare, così come l’animo dell’uomo, che pur vivendo differenti esperienze (belle, brutte ecc.), è sempre fedele alla propria anima.
Montale imparò questa legge complicata dal mare, anche s’egli probabilmente non la rispettò totalmente: lo si deduce dal decimo verso – “ma non più degno” – non si ritiene più degno di tale ammonimento.
Il poeta sente la nostalgia di quel periodo, anche lui vorrebbe disfarsi, come il mare, delle scorie.

Inoltre, il componimento rappresenta il passaggio del poeta alla vita adulta: da fanciullo condivideva la legge del mare, mentre da adulto la respingeva.

Montale, con questa poesia, abbandona il mito antropocentrico (uomo e natura) per proporre la nuova visione basata sul coraggio di accettare un mondo frammentato al suo interno (visione cambiata, probabilmente, a causa della guerra).

Analisi:

La poesia inizia con un’apostrofe e una personificazione: Montale si rivolge al mare, utilizzando l’aggettivo “antico” evidenzia il lungo periodo trascorso dalla sua giovinezza al momento della riflessione riportata nel testo.
Apparentemente il componimento non presenta rime, ma, se riletta bene, è possibile “sentire” una certa musicalità, dovuta alla presenza delle numerose figure retoriche, di alcuni vocaboli sdruccioli (vv. 2-4), di alcune rime baciate (- ento, vv. 11,13,14), di assonanze (lontane – zanzare, vv. 5-8), di consonanze (schiudono-ributtano-disciolgono, vv. 2-3-4) e di allitterazioni (sbatti sulle sponde”, v. 19)

I versi sono endecasillabi e settenari ad eccezione del diciassettesimo verso che è un quinario.

Figure retoriche:

  • apostrofe (v.1 – Antico);
  • metonimia (v.1 – Antico = attributo del mare);
  • metafora (v.1 – Ubriacato);
  • sinestesia (v.1 – ubriacato dalla voce);
  • similitudine (v. 2-3; bocche… come verdi campane);
  • polisindeto (vv. 3-4);
  • metafora (v. 5 – Casa di Monterosso);
  • iperbole (v.7 -8; cuocere – annuvolare l’aria);
  • anastrofe (v. 8);
  • similitudine (v. 18 -19; cos’ d’ogni lordura come tu fai…);

 

Se non ricordate le figure retoriche, clicca qui

 

 

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