Novembre di Giovanni Pascoli

di Erik Lazzari

Novembre di Giovanni Pascoli

Testo

Gemmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l’estate,
fredda, dei morti.

Parafrasi

L’aria è tersa, (come lo è una gemma trasparente), il sole (è) così luminoso tanto che tu (il poeta utilizza la seconda persona singolare in modo generico) ricerchi gli albicocchi in fiore, sentendo nel cuore l’odorino amaro del biancospino (prunalbo).
Ma il pruno (i rovi e i cespugli del biancospino) è secco, e le piante spoglie solcano, con i loro rami nudi, il (cielo) sereno, e il cielo è vuoto (è privo dei festosi voli degli uccelli) e il terreno sembra vuoto (poiché indurito dal freddo) sotto il piede e risuona mentre lo si calpesta.
Intorno (c’è) silenzio: soltanto grazie alle folate di vento, provenienti dai giardini e dagli orti, si sente un “fragile” cadere di foglie. È la fredda estate dei morti (è l’estate di san Martino, santo la cui festa si celebra l’11 novembre).

Commento

La poesia “Novembre” di G.Pascoli fu pubblicata nel febbraio del 1891 ed è collocata nella sezione “In campagna” della raccolta poetica “Myricae”.
In questa poesia Pascoli richiama la stagione autunnale e in particolare il mese di novembre, periodo in cui si commemorano i propri defunti.

La prima strofa si apre con uno sfondo tipicamente primaverile (è solamente un’illusione), il poeta descrive una giornata limpida e luminosa tanto che chiunque sarebbe attratto dal cercare, istintivamente, gli albicocchi in fiore e l’odore amaro del biancospino (indizi della primavera).

La seconda strofa inizia con la congiunzione avversativa “Ma” che introduce una serie di emblemi negativi che negano le apparenze iniziali (disinganno); infatti, il biancospino non emana profumo, il cielo è privo di uccelli, il terreno risuona vuoto ai passi umani, le piante sono spoglie e il profilo dei loro rami nudi, neri e scheletrici, disegnano nel cielo azzurro, simbolo della vita, l’immagine della morte.

All’interno di questa strofa domina l’allitterazione della –s che richiama il XIII canto dell’Inferno di Dante Alighieri, il canto di Pier della Vigna e dei suicidi, in cui è presente il sigmatismo, ovvero la ripetizione del suono –s attraverso il quale Dante vuole sottolineare l’idea della morte;

Nella terza strofa è presente la dichiarazione conclusiva: il poeta annuncia che la splendida luce che pareva anticipare la primavera, altro non è che la gelida aria annunciatrice dell’inverno. Le foglie che cadono simboleggiano la precarietà della vita umana. Pascoli ha scelto questo mese poiché l’11 novembre ricorre l’estate di San Martino, in cui le giornate sono per lo più calde, e perché questo è il mese in cui vengono ricordati i defunti (2 novembre).

Lo svolgimento della poesia è dunque costituito dal contrasto tra il principio e la conclusione, dai simboli della vita (la chiarezza del sole, la luminosità dell’aria) sino alla morte.
Pascoli ha voluto riprendere un motivo lirico antichissimo, la vita umana passa veloce e poi muore come le foglie d’autunno, rileggendolo, però, con la nuova sensibilità di chi denuncia l’inganno dei sensi, insufficienti di fronte a una realtà che delude e condanna (questa sensibilità è tipica del Decadentismo).

In sintesi:

la prima strofa rappresenta il tema dell’illusione, la seconda strofa tratta il tema della disillusione e la terza quello della morte

Analisi e figure retoriche:

La poesia è costituita da 12 versi endecasillabi saffici (tre endecasillabi e un quinario) suddivisi in tre strofe. La rima è alternata con schema metrico ABAB – CDCD – EFEF.

  • Chiasmo: “gemmea l’aria, sole chiaro” (v.1);
  • sinestesia: “odorino amaro” (v.3) e “cader fragile” (v.11);
  • ossimoro: “estate fredda” (vv.11-12);
  • iperbato: “secco è il pruno”, “stecchite piante” (v.5), “vuoto il cielo” (v.7), “sembra il terreno (v.8)”, “di foglie un cader fragile” (v.11);
  • anastrofe: “gemmèa l’aria” (v.1), “l’odorino amaro senti” (v.3);
  • enjambements (vv. 1-2; – 7-8; – 11-12);
  • metafora: “Gèmmea l’aria” (v.1);
  • allitterazione della – s e della -r : “secco, stecchite” (v.5); “nere, trame”, “segnano, sereno” (v.6); “sonante”, “sembra” (vv. 7-8).
  • Ipallage (è una figura retorica che attribuisce un aggettivo ad un nome diverso da quello a cui si riferisce solitamente): “di foglie un cader fragile” (v.11). L’aggettivo “fragile” dovrebbe riferirsi a “foglie” e non a “cade”.

Clicca qui per ripassare le figure retoriche.

Foto di Arrigo Furiassi

 

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