Se questo è un uomo
Il 27 gennaio 1945 i soldati dell’Armata Rossa varcarono i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz e liberarono i prigionieri superstiti sopravvissuti allo sterminio nazista.
Le truppe liberatrici, entrando nei campi di concentramento, svelarono al mondo gli orrori accaduti nel cuore dell’Europa.
Ricollegandosi a quella data, dal 2000 l’Italia aderisce alla proposta di sancire il 27 gennaio come giorno di celebrazione delle vittime del Nazionalsocialismo e dell’Olocausto. Dal 2005 questa commemorazione, per non dimenticare cosa sia stata la Shoah e i milioni di vittime che produsse, è celebrata a livello mondiale.
In occasione di questa ricorrenza propongo a tutti i miei lettori la poesia “Shemà” di Primo Levi, uno dei testi più importanti per la cultura del Novecento.
TESTO:
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
COMMENTO:
La poesia Shemà (ascolta) è un testo di 23 versi liberi che introduce l’opera memorialistica autobiografica di Primo Levi: “Se questo è un uomo”. Venne scritta tra il dicembre del 1945 e il gennaio del 1947. Nell’opera sono descritti la prigionia e l’internamento dell’autore nei campi di concentramento di Auschwitz e Monowitz e descrisse inoltre ciò che accadeva a un uomo dal momento in cui entrava in un campo di concentramento, ovvero i suoi diritti non avevano più alcun valore.
Lo scopo di Primo Levi per questa poesia è quello di far esaltare ai lettori un richiamo fortissimo, in modo tale che il lettore legga con la massima attenzione l’agghiacciante e tremenda esperienza vissuta, ancora prima di aver letto l’intero romanzo.
Lo scrittore fa un confronto tra la vita normale e la vita dei campi di concentramento, evidenziando la disumana sofferenza degli uomini.
Nei campi di sterminio vi è sempre una lotta, anche per ricevere un tozzo di pane; si può morire per un sì o per un no – sottolinea Primo Levi – per ragioni totalmente arbitrarie.
Il poeta obbliga il lettore a ricordare, in quanto non si può e non si deve dimenticare ciò che è accaduto durante lo sterminio nazista. È opportuno tramandare quanto avvenuto alle nuove generazioni, in modo tale da informare i nostri successori sull’accaduto, con la speranza che non si ripeta mai più.
ANALISI:
Primo Levi rinunciò all’artificio della rima, il suo obiettivo era quello di far risultare la forza delle immagini.
La poesia presenta numerosi imperativi (considerate, meditate …), che danno al componimento il tono di un comando ineludibile.
Sottolinea inoltre la necessità del ricordo e della testimonianza: coloro che non lo faranno, saranno destinati a subire quanto esplicato dalla serie di congiuntivi (la malattia vi impedisca, vi si sfaccia la casa, …).
Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.
(Primo Levi)